Allenamento collettivo : otto “atletici” in corsa (per non parlar del cane)
23 dicembre Appuntamento confermato: ore 10:00, zona parcheggio del DiperDì per un allenamento collettivo”. Suonava più o meno così il comunicato che Massimo ha diramato ieri sera alle 20:44. L’idea è quella di una sgambata dell’antivigilia. Buona, visto che domani sarà una domenica 24, di vigilia, in cui magari non si potrà contare sulla comprensiva disattenzione delle mogli non appassionate a “braghette, scarpette e magliette”. Raccolte le autorizzazioni, necessarie ad evitare ritorsioni e rimproveri postumi, ho vinto il fastidio del freddo intenso delle ombreggiate vie del centro per avviarmi all’appuntamento. Incontrato il primo “pard” (per dirla alla Kit Carson) subito sotto casa, abbiamo trotterellato verso il raduno con le prime chiacchiere rigeneratrici. Ennio, armato di un minuscolo apparecchio fotografico che maneggiava con destrezza nelle grandi mani, esercitava la sua solita proverbiale generosità accogliendoci e cominciando a scattare. Non correrà con noi, leggermente acciaccato e comunque di corvée famigliare di lì a poco. Manca anche il Tof, alle prese con il sabato lavorativo sulla sponda opposta dello Scrivia. Finiamo con il partire in otto alla volta della Bollina per la via del Castellone. Una superclassica. Il gruppo è ingentilito da due dame e completato dal nono componente, uno splendido giovane cane dal manto fulvo e tigrato battezzato Taylor da un estroso, ignoto addetto al canile ove il suddetto è stato adottato dalla sua nuova famiglia. La scelta anglofona e la presenza del fedele mi ha suscitato il ricordo del romanzo di J.K. Jerome. Certo manca il Tamigi ma la serena ambientazione delle campagne inglesi nei dintorni di Londra è ampiamente compensata dalla scintillante lucentezza di questa mattinata collinare. Appena giunti in alto il tepore del sole velato e madreperlaceo ha preso il posto dell’umidità fredda e vaporosa delle vie cittadine. Abbiamo corso con lo sguardo vicino sull’onnipresente cono del Tobbio e quello lontano sulle nitidissime Alpi imbiancate. Il Monviso e il massiccio del Rosa (stamane di un rosa acceso) stavano là, eterni, come posati su di un enorme vassoio color malva. I frequenti tratti di asfalto gelato sono scivolati sotto le nostre suole mentre percorrevamo il tragitto parlando del più e del meno. Verso la Bollina, nel tratto in discesa che costeggia le buche del golf omonimo, i tronchi di acacia, spezzati dalla recente galaverna (ora i giornali si sono inventati la drammatizzazione del “gelicidio” che fa sembrare la natura colpevole di genocidio arboreo), sembravano enormi stuzzicadenti per giganti. Siamo ritornati sui nostri passi nel solito clima di serena condivisione che chiude le corse fra amici. Tra due giorni è Natale, la festa che i bambini aspettano un anno intero.
Roberto Moro