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Sarnico in contumacia

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Oggi si è corsa la Sarnico Lovere Run sul Lago d’Iseo. La rappresentativa dell’Atletica Novese è stata numerosa e, al solito, valorosa. Non sono riuscito neanche quest’anno a farla per una delle solite combinazioni di calendario programmato e degli inevitabili intralci ed incastri del resto della vita. Al giorno d’oggi qui non si corre per vivere (i più ricorderanno la storiella di come cominciano invece la giornata in Africa leoni ed antilopi) e per me non è ormai il tempo di vivere per correre. Nonostante ciò, a dire il vero, a questo giro mi sono trovato a pensarci ed a parlarne talmente con Raffaele che mi sento di averla corsa, diciamo in Contumacia. La prima volta che ho sentito della gara è stato qualche anno fa quando a Radio Nostalgia (la nostra) un annunciatore, con una voce regalatagli alla nascita da un Dio in vena di doni memorabili, la pubblicizzava in uno spot di respiro epico. Roba degna del Signore degli Anelli. La curiosità è scoccata automaticamente. Ho corso anni fa sul lago di Garda (la prima Maratona) ed ho trovato l’esperienza deliziosa. Quando Raffaele mi ha detto che avrebbe fatto macchinata con Paolo ed Elena la tentazione è stata fortissima. Come detto per me il progetto non ha poi preso forma. Quando venerdì ci siamo visti per la sua sgambata di rifinitura in vista della gara mi ha dato altri dettagli e stamattina, perlustrando la via dei Colli con Giacomo e Davide più di una volta la mia testa era là con loro tre e gli altri nelle nostre maglie celesti. Ho immaginato la splendida giornata di sole in riva al lago luccicante, i saliscendi che caratterizzano le strade costiere, l’assembramento della partenza ed il traffico dei primi chilometri che ti costringe a badare alle sportellate ed a fare la gimkana del festoso inizio delle gare molto partecipate. Ho pensato alla loro tensione dell’inizio, alla fatica del percorso, allo sforzo finale, all’emozione ed agli abbracci dell’arrivo. Eccoli al ristoro, sudati e medagliati con una mano occupata dal bicchiere del tè caldo e l’altra sul fianco, intenti a recuperare ordine ed equilibrio nella respirazione. Poi tutti a cambiarsi ed a pensare, ancora una volta, che ne è valsa la pena e non è vero, come si è pensato almeno venti volte in gara: “questa è l’ultima volta che faccio una fatica simile, giuro”. Vi ho accompagnati, un po’ ho corso con voi, poi ho riaperto gli occhi ed il Poggetto era lì davanti, in cima alla salita, ultimo scoglio dei Colli, mercoledì 25 sarà il momento più duro. Roberto Moro

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