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Colli o non Colli?....L’Urban Trail con gli occhi di Roberto Moro

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Avevo già corso l’Urban Trail due anni fa, nel 2016. Credo fosse la prima edizione. Quella volta con Giacomo accompagnammo Elena, al suo esordio nella specialità off road. Quest’anno ne abbiamo condiviso un lungo tratto con Raffaele, al suo rientro in una gara dopo un lungo stop. Diceva Jessie Owens: “amo la corsa, è un qualcosa che puoi fare contando soltanto su te stesso” (me lo ha ricordato oggi il retro della maglietta di una ragazza che mi precedeva), vero, ma condividere le emozioni e la fatica aiuta non poco. Dopo aver ritirato i pettorali dalle mani esperte di Massimo abbiamo consumato l’attesa all’interno del tiepido grande spazio del palazzetto in pieno centro. Dopo il riscaldamento sulle strade dei dintorni, battute da un’arietta del nord gelida e tagliente, ci siamo schierati e.. via. Il percorso si snoda inizialmente nelle strade centrali di Tortona che la mostrano in effetti così diversa da Novi. A parità di abitanti in effetti i nostri cugini corregionali abitano in un luogo che è un po' piemontese ed un po’ lombardo. Niente a che vedere con l’atmosfera da paesone ligure (senza il mare) travolto dall’inarrestabile ondata industriale del secondo dopoguerra che caratterizza la nostra città. Anche l’altura che raggiungiamo ben presto, dopo aver lasciato le vie cittadine ed attraversato la verde collina che ospita la quiete del giardino conventuale, assomiglia, ma non fino in fondo, a quella di casa nostra. Il nostro Castello è poca cosa, si sa, ma qui si limita al pallido ricordo di un frammento di muro e una torre bella ma malinconica verso la quale corriamo zampettando uno stretto sentiero erboso. “In guerra ed in amore tutto è permesso” si dice. È lecito dubitare che sia stato un anelito di sentimento che ha suggerito a Napoleone la necessità della totale distruzione del Forte tortonese. Sette colli Urban Trail è stato battezzato questo bel su e giù nei dintorni. Ma qui la domanda ci sta tutta: Colli o non Colli? E si, perché colli saranno pure ma non proprio quelli nei quali ci alleniamo e gareggiamo noi. Qui sono più irti e meno corribili ma allo stesso tempo attraversati da strade larghe e comode e punteggiati di ville e villette. Eccoli li che si fanno di nuovo avanti gli scenari milanesi. Attraversiamo vigne di terre dai colori ocra e zucchero di canna assai diverse dalle marne bianche e dalle zolle rosse e ferrose nelle quali i tralci affondano le radici da noi. Gara impegnativa, trovano gambe e polmoni, nel frattempo che gli occhi godono i bei panorami. Si sale e si scende in continuo con una discreta difficoltà a decifrare il rebus del ritmo. Le ripide salite seguite da immediati declivi sono un test per una personale teoria. Non mi avventuro spesso in riflessioni tecniche, non sono in grado, ma penso che la chiave della corsa e del trail in particolare possa essere un mix di assetto e trazione, cadenzato dalla lunghezza del passo. In fondo è lo stesso problema che hanno in Formula Uno, interpretare la gara trovando il miglior compromesso possibile per non sprecare energie e forza. Toccherebbe ottimizzare, cambiando continuamente. E allora forza, di corsa in buona compagnia, verso il ritorno in centro. Magica e speciale è la salita alla torre campanaria del Santuario, ospitata dal penultimo chilometro. Lassù ci attende la statua della Madonnina ed ecco che ritornano gli echi milanesi, nel fulgore dorato della enorme figura che domina il panorama. Scendiamo veloci la scala linda e sdrucciolevole e la continua girandola di volute innescano un’ebrezza da sbornietta che produce qualche sbandamento in uscita. All’arrivo lambiamo il Municipio incastonato in un’ala della vecchia caserma dell’esercito ristrutturata a pennello. Varchiamo la linea rossa sotto gli occhi amici di Davide che giudica e Massimo che fotografa e saluta affettuosamente. Recuperiamo il tepore del palazzetto per il ristoro, frutta, focaccia, succhi, biscotti, persino il cartone monodose del latte con la cannuccia. Ah questi tortonesi, noi le organizziamo bene le nostre gare ma loro, diciamocelo, non sono certo da meno.

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