Tornare a correre e a vincere: il racconto di Fabrizio Lavezzato
29 marzo - Fabrizio Lavezzato ha subito un lungo stop nei mesi scorsi a causa di un infortunio nel luglio 2022 e ora ci fa vivere il percorso per tornare alle gare da protagonista (e la foto di copertina racconta molto della sua vittoria di domenica scorsa): “Paolo io non riesco a riprendermi, devo smettere di correre”. “Smettere di Correre non è così facile, vieni su a Biella, valutiamo la situazione con calma. Una soluzione si trova” Siamo a fine settembre dello scorso anno, è venerdì sera, scendo dalla macchina nel parcheggio dell’Accademia e zoppico. Sono infortunato da quasi 3 mesi e la situazione non migliora, corro un chilometro, poi inizio ad aver male e devo fermarmi. Entro nell’Accademia, con Paolo c’è PierPaolo Ferrari, che lo segue da una vita. Pier mi guarda e sentenzia “Qui non c’è niente che non possa essere risolto, ma ci vogliono almeno altri due mesi. Da domani esci mezz’ora tutti i giorni, corricchia, se ti fa male cammina, ma non stare fermo”. “Fino a quanto durerà?” chiedo io. “Fino a quando sarà necessario”. Risposta che non ammette repliche. Dal giorno successivo inizio, pian piano, come ha detto Pier. E’ sabato, vado a Cessole nella piana, da solo, non voglio che qualcuno veda come sono ridotto. Il primo km lo giro a 6.52. Siamo ripartiti da lì. Ogni giorno 30’ per almeno 3 settimane. Poi pian piano in aumento, con alti (pochi) e bassi (tanti) e Paolo che dopo ogni allenamento trova degli aspetti positivi che non esistono per rincuorarmi e, quando proprio non è possibile, si rifugia in angolo “Intanto oggi abbiamo corso, abbiamo respirato aria buona. Domani andrà meglio”. A fine Novembre, nel giorno della presentazione del nostro libro, vado per la prima volta all’aeroporto, un luogo che considero ormai una casa e che si popola ogni sabato di persone che mi sembra di conoscere da una vita, gente semplice, animata da sana passione per la Corsa, un gruppo che mi accoglie a scatola chiusa, quasi fossi stato lì da sempre. 21km a 4.43/km di media: a luglio un allenamento del genere lo avrei cancellato dal Garmin, adesso mi sembra di essere in paradiso. Le cose bisogna apprezzarle quando si hanno. Il giorno dopo zoppico ma è un dolore diverso, è solo fatica da smaltire, ormai indietro non si torna più. A Capodanno corro 30km a 4.30, con Paolo e Lorenzo che mi seguono in macchina e mi danno i tempi ogni 2km, manco fossi Stefano Baldini. Arriva Gennaio, arriva la nuova stagione, Paolo mi chiede di iscrivermi ad una gara, vuole farmi fare la mezza a Novara, ma io non me la sento. Forse fine Febbraio, magari Siena, c’è una 50km ondulata e su sterrato, una gara perfetta per un rientro anonimo, senza l’assillo del cronometro. “Paolo io non riesco a recuperare velocità, non posso più fare ripetute, la gamba mi fa male” . “Fabri, tu fai l’atleta, l’allenatore sono io. A te le ripetute non servono” Paolo è furbo, sa quali corde deve toccare, così ai primi di febbraio mi propone 21km a ritmo variato “come Gigliotti faceva fare a Baldini” (ovviamente su tutt’altro ritmo), ovvero con 15-20’’ di scarto tra la fase lenta e quella veloce. Appena sento nominare Baldini mi viene la bava alla bocca. Non ci dormo la notte prima, ma al mattino dopo all’aeroporto ritrovo le vecchie sensazioni. I dolori ci sono ma stanno in disparte perché c’è troppa voglia. “Siena è la gara giusta per rientrare e raccontarcela, nel senso che comunque vada potremo trovare una scusa, il percorso, lo sterrato, il meteo. Certo che se vuoi capire quanto vali devi misurare il cronometro a Porto Recanati. Però lì puoi andare solo se hai le palle”. Non me l’avesse mai detta questa frase. A Porto Recanati ci vado, per la 50km e torno a casa con il personal best. “Lo sai che è un personal best fasullo vero? Lo scorso anno di questi tempi avresti fatto molto meglio. Stai crescendo, ma la strada è lunga. Lavoriamo, ci vuole equilibrio”. Paolo dixit. Arriva marzo e arriva la BiUltra, obiettivo per me importante, perché è la gara di Biella Running, la organizza Paolo, ci tengo tanto a fare bella figura. Due settimane prima siamo all’aeroporto, test su 4 giri, il primo a 4.30, poi a scendere di 10’’ ogni giro. Per tre giri vado bene, poi il caldo, i dolori, la fatica, gli ultimi 2km su quel falsopiano infernale a salire sono un supplizio. Paolo è fermo con la macchina al penultimo “Scusa Paolo” gli dico mentre passo. “Che cazzo mi chiedi scusa, corri che manca un chilometro”. Arrivo alla fine stremato. “Sono crollato nell’ultima parte”. “Ti sei impegnato, hai fatto fatica?” “Si Paolo una fatica tremenda, non so se alla BiUltra…”. “Perfetto, sei pronto per la gara. L’allenatore sono io, tu pensa a fare l’Atleta. Ci vuole equilibrio, ricordatelo” Arriva la BiUltra. Sono emozionato e preoccupato allo stesso tempo, gli acciacchi non mi danno mai tregua, ma già esserci è qualcosa, ricordando quel venerdì sera di settembre. “Corri come abbiamo detto, del risultato non ce ne frega un cazzo” “Paolo ma del risultato non ce ne frega mai un cazzo?”. “Quando ce ne dovrà fregare veramente lo capirai e comunque te lo dirò io. Tu pensa a fare l’Atleta” La gara parte, mi hanno detto che il giro è impegnativo, i miei muscoli se ne accorgono subito, con quei due falsopiani in salita che tagliano le gambe. Fabio Cappellaro scappa via, il ritmo che impone per me è troppo veloce, ogni giro guadagna metri. Io resto sul mio passo 4.20-4.25, mi affianca Alessandro Ruoppolo, facciamo conoscenza, scambiamo qualche parola. La gara è dura, il giro di boa poco prima del traguardo mi dà fastidio, la gamba sinistra inizia a farmi penare, PierPaolo mi aiuta con un po' di ghiaccio spray. Poco dopo metà gara aumento leggermente il ritmo: Fabio davanti sta leggermente rallentando; quindi decido di provare il tutto per tutto. Alessandro intorno al 30esimo si stacca. Resto solo e mi butto all’inseguimento di Fabio, sempre cercando di stare in equilibrio e di non andare fuori giri. Intorno al 40esimo km raggiungo Fabio, si affianca per un attimo ma non sta bene, ha problemi e poco dopo si stacca. Resto solo davanti, mi mancano 10 giri per vincere la prima gara della mia vita. 10 sono tanti, così mentalmente li spezzo, sono 5+5 e poi ancora i due blocchi di 5 li spezzo in 3+2, così i pezzettini sono più piccoli e mi pesa di meno. Mi sembra di essere a Pasturana quando faccio il giro intorno a casa, non sono mai 10 anelli ma 3+2 e poi ancora 3+2. Paolo arriva sul tracciato. “Sei in testa, sei solo ma non rilassarti, conta anche il tempo finale, fai girare le gambe”. Passano i giri, sono stanco, ho i crampi ma essere primo mi aiuta. Oggi non posso proprio fermarmi. Al penultimo giro, la gente comincia ad applaudirmi. Inizio l’ultimo anello, da un lato vorrei farlo piano per godermelo tutto visto che ho un paio di minuti di margine, ma Paolo mi ha chiesto di lavorare fino alla fine e quindi io faccio l’atleta. Spingo per come posso sugli strappi in salita e quando giro a destra per entrare in Accademia mi si apre il cuore. Non piango solo perché non ho più liquidi addosso. Corro gli ultimi metri guardando il cielo perché so che papà sta sorridendo. Vinco e non mi sembra vero. Abbraccio tutti quelli che mi hanno aiutato, poi finalmente arrivo da Paolo. “Grande Fabri, goditela tutta. Il crono è buono ma la strada è lunga. C’è ancora tanto da lavorare. Ci vuole Equilibrio”. L’allenatore è lui, io gli credo, d’altronde Correre è il gioco più bello della nostra vita.