4 ottobre - La consapevolezza e la soddisfazione del giorno dopo nelle parole di Fabrizio Lavezzato. Tutto da leggere…..
La mia iscrizione alla 6h di Andora risale al Febbraio 2020, periodo in cui si sarebbe dovuta svolgere la prima edizione, poi posticipata nel mese di novembre. Impossibilitato a partecipare a causa delle restrizioni allora imposte alla circolazione tra Regioni, ecco finalmente la possibilità di andare nella cittadina ligure quest’anno nella giornata di domenica 3 Ottobre. La gara si svolge nello splendido scenario del porto di Andora, a pochi metri dalle barche, lungo un tracciato di 2km, omologato dalla FIDAL. L’accoglienza di Luciano Costa e di tutta l’ASD RunRivieraRun è perfetta. Al nostro arrivo (sono accompagnato dall’amica Manuela che mi farà d’assistenza durante la gara), troviamo già tutto pronto. Sedie, tavoli, ristori personali a cui aggiungere le nostre provviste, tutto perfettamente organizzato. L’avvicinamento alla gara scorre veloce, fa piacere rivedere tanti amici: da Paolo Vialardi di Biella Running allo “ziaccio” Stefano Castoldi, reduce dall’Ultra Milano Sanremo, alla grande Monica Casiraghi, fino ai compagni di squadra Maura Norbiato ed Antonello Repetto, altri “novesi” in trasferta in Liguria. Lo start avviene come previsto alle 9.30. C’è il sole e si capisce subito che la giornata sarà piuttosto calda, proprio mentre in altre zone della Liguria, Genova in primis, imperversa il maltempo. Le prime tre ore scorrono piuttosto tranquille, ormai memorizzato il mio ritmo e, di natura, faccio della regolarità, il mio punto di forza. Ormai ho abbastanza esperienza per sapere che in questo tipo di gare non vince chi parte forte o il più veloce in assoluto, ma chi sa correre sul ritmo, gestendo e limitando i danni nelle crisi che puntualmente arrivano. Nelle prime fasi di gara sono intorno alla nona-decima posizione, bevo regolarmente e mangio ogni mezz’ora un pezzo di barretta energetica. Le cose sembrano andare bene, anche se il caldo mi dà un po’ fastidio e sento le gambe indurirsi. Giro la maratona intorno a 3h25’, persino troppo veloce rispetto alle previsioni della vigilia, il ritmo però è costante. Come da programma, dopo metà gara, sospendo il cibo solido ed inizio con i gel. Intorno alla quarta ora però iniziano i problemi, faccio fatica, la corsa diventa pesante, sento qualche dolore di troppo alle gambe. Sapevo che questo momento sarebbe potuto arrivare per cui cerco di gestirlo al meglio. Non è facile perché quando si vedono i tempi al km salire, la testa parte per la tangente. Mi impongo di non guardare più l’orologio. Rallento, per almeno 5-6km, corro male, ma corro. Non cammino mai e questo mi dà fiducia, perché se si inizia a camminare, questa gara diventa un calvario. Pian piano riprendo un’azione più fluida, consumo l’ultimo gel all’inizio della quinta ora e mi rianimo. Sono terzo assoluto, molti di quelli davanti hanno mollato: partiti troppo forte, si sono pian piano spenti. Manuela continua ad incitarmi, stringo i denti e do tutto quello che ho dentro; gli ultimi 50’ di gara sono di nuovo, non dico brillanti, ma più che accettabili. Torno a correre anche sotto i 5’/km e consolido la mia posizione. Allo sparo di fine gara avrò percorso 69,691/km, terza posizione assoluta. Peccato non aver raggiunto per poche centinaia di metri i 70km, ma ci sarà modo per rifarsi, magari mettendo a posto anche quella quarta ora di gara, da sempre per me la più problematica. Salire su un podio assoluto è una bellissima soddisfazione, per me più unica che rara. Il pensiero, durante le premiazioni, va a mio papà Piero, scomparso qualche settimana fa. Ora in casa nostra ci sarà una coppa in più che troverà posto vicino a quelle che vinceva lui nei tornei di scopone scientifico. La Corsa è eterna finche dura. W la Corsa.