Terza volta per me oggi in gara sui colli, le precedenti nel 2013 e 2016 (ho controllato sulle agende conservate alle “future memorie”). La sorte, o l’organizzazione benevola, mi hanno regalato un pettorale 300. Amo i numeri tondi, non credo proprio di aver titolo a tirarla lunga sul TRE, ognuno ne sa quanto basta e lo ZERO è un concetto sul quale è sconsigliabile concentrarsi. Quando l’ho saputo mi è parso di buon auspicio, l’età e la struttura fisica mi mettono completamente al riparo dalle insidiose sorti risorgimentali dei famosi “giovani e forti..”. Alla partenza ho chiesto ad alcuni, in una maniera diretta che non mi è consueta: “Perché secondo te i Colli sono considerati la nostra gara più bella?”. Ecco le risposte: Massimo: “Per il percorso, splendido. Non vorremo paragonarlo a quello della maratonina. No?”. Ennio: “Perché piace e a me piace”. Fabrizio: “Perché la organizzo io, insieme agli altri”. Adriano: “Non saprei, la è”. Dio benedica gli italiani, quattro persone, quattro modi di vedere la stessa vicinissima cosa diversi e complementari. Siamo quasi sessanta milioni, si stupiscono perché alla fine ce la caviamo sempre. Probabilmente non ci frequentano abbastanza. Avevo raggiunto il raduno in bici con obbligo (decreto coniugale di ieri sera), causa opiti a pranzo, di rientro “a vista” a fine corsa. Ho così cominciato il riscaldamento con la nostra sgangherata “bici da donna” di famiglia sulla salita verso il G3. Ritiro del pettorale nel Villaggio posto, come di consueto nella piazzetta antistante il locale Circolo Ricreativo Culturale, depositario ovunque, con Chiesa e Campanile, della identità comunitaria. Sgambata di preparazione e schieramento in Griglia. Alla partenza più di trecentocinquanta podisti per correre, nel sole di una tiepida, classica mattinata della primavera ormai decollata, l’edizione 2018 della Attraverso i colli novesi. Nei giorni scorsi ho pensato: “ma dove li collocherei, lungo il percorso, alla fine, sti benedetti colli?”. Eureka, ne ho contati sette (anvedi). Il primo, scontato, il G3, più colle novese di così non si può. Le brulicanti maglie sociali bianco e celeste intenso lo hanno pacificamente invaso nell’attesa dello sparo. Poi giù in città, rasenti le mura per risalire il secondo della Salita Maina e scorgere il mare gialloverde del prato sul lato di tribordo della curva secca verso destra dopo la sommità. Si scende sulla Strada Sparviera e poi su per la lunga risalita al terzo. Doppiata la Cascina degli ulivi ecco il rosso genovese della bella casa a sinistra sulla estrema sommità. Ripida frondosa ed ombreggiata discesa e brusca risalita, quarto colle, fortunatamente meno lunga della precedente, non hai ancora raggiunto la cima che l’azzurro paglierino del cielo si apre alla vista. Ristoro. Tratto “in costa”, discesa, svolta secca a sinistra sullo sterrato che apre la fase tra le buche ed il popolo dei golfisti oggi numerosi ed operosi. Spugnaggio. Saliscendi micidiali (più sali che scendi) che paiono non finire. Recuperiamo un trattino d’asfalto prima di svoltare ad U nella salita terricola e ripida che taglia il fiato. E’ il quinto. Colore dominante: il verde dei sorci che ho visto per arrivare in cima, con il fiato che rifiuta di scendere più in basso della base del collo. Speriamo di tenere. Secondo ristoro. Asfalto in discesa, rifiatiamo, strada provinciale Novi – Tassarolo stamane quasi deserta, ben venga. Risalita snervante al sesto colle con la sommità già ben dentro la strada di ritorno. Sul bivio abbiamo doppiato le bandiere rosso carminio dei due Angeli Custodi. Su e giù fino al Riotorto ed ecco la salita al Poggetto, se ci arrivo lascerò sulla sinistra la Madonnina accanto al rosa confetto della porta carraia della villa e conquisterò il settimo ed ultimo colle. E’ andata, Sopra via Cava incontro come di consueto quelli forti che stanno già facendo defaticamento di ritorno incitandoci. Varco il traguardo, veloce ristoro e cambio essenziale. Mentre pedalo il ritorno mi dico: “ma i sette colli hanno bisogno dei sette Re, ovvio”. Allora chi? Beh, ho pensato, torniamo da capo, alla domanda del prepartenza. Fabrizio, Massimo, Ennio ed Adriano prima di tutto, negli ultimi anni scheletro e colonna dell’Atletica Novese. E gli altri tre? Per oggi, tra i tanti stimati ed ammirati che ho incrociato, direi Zarrillo lo “Zar”, Giorgio Belloni, Frank. Icone ed esempi per i runners di qui. Pace e serenità, è stata una bella gara in una mattinata di luce e calore. Roberto Moro